Guzzardi si occupa della fatica di vivere nella condanna di Sisifo, raffigurata nel bel disegno in copertina del vignettista Gianni Allegra, disegnatore de La Repubblica, edizione di Palermo. L'astuto umano Sisifo oso sfidare gli dei e per averli piu volte ridicolizzati ricevette da essi un'atroce condanna. Sisifo, costretto a spingere per l'eternita un pesante masso verso la cima di un monte per vederlo ogni volta rotolare giu, offre una riflessione sulla felicita, poiche' come dice Camus "non c'e amore del vivere senza disperazione di vivere". Ecco che la fatica di vivere implica anche la gioia di vivere. Di Sisifo si occupa anche Camus che nega ogni significato trascendente alla vita. La vita priva di significato e quindi irrazionale e assurda. Ma il suicidio non e la soluzione al problema nonostante l'umiliazione che possa insorgere nell'uomo vedendosi cosi piccolo di fronte all'immensita di quanto lo circonda. La soluzione per Camus e invece la "sopportazione" della propria presenza nel mondo, "sopportazione" che consente la liberta nei confronti dell'assurdita dell'esistenza. Camus non cerca quindi piu Dio, il suo obiettivo diviene "l'intensita della vita". Sisifo e allora felice perche' nella sua condanna diviene consapevole dei propri limiti ed assume su di se' il proprio destino. Cosi si arriva alla felice accettazione dell'inaccettabile assurdita della vita. L'ateo uomo camusiano e il credente sono allora identici viandanti, fratelli, nel medesimo passaggio umano: il primo accettando l'inaccettabile assurda vita, il secondo vivendola come dono di Dio. Entrambi uniti nella sopportazione del macigno. Ambedue felici perche' il dolore che li accompagna lungo tutto il percorso e il pennello con cui ciascuno, secondo il suo credo, da colore alla propria esistenza e, forse, alla propria liberta.